30 settembre, 2012

Dal peccato muto ai diritti umani

Bijoy M. Trentin

È nel 1869 che nasce, dalla penna di Kertbeny, il termine “omosessualità”, che – ovviamente – è sempre esistita, ma è nell’Ottocento che, parallelamente alle definizioni e classificazioni scientifiche e parascientifiche, comincia a formarsi la percezione della cultura omosessuale con specifiche caratteristiche identitarie. Un secolo dopo, nella notte tra il 27 e il 28 giugno del 1969, prende vita – senza dubbio simbolicamente – la ‘fierezza’ (“pride”) gay, quando un gruppo di omosessuali si ribellò ai soprusi della polizia che aveva fatto irruzione nel locale Stonewall Inn, al Greenwich Village di New York. Da allora per le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) sono avvenuti numerosi passi in avanti, a volte raggiungendo – in alcuni Paesi – mete impensabili fino a non molto tempo fa, come il matrimonio e l’adozione estesi a tutti senza piú barriere. Ma numerosi ne devono essere ulteriormente fatti, poiché vi sono Stati in cui l’omosessualità è considerata ancora persino un crimine, punito talvolta anche con la morte.

E proprio del processo di affermazione dei diritti LGBT negli ultimi decenni parla ‘L’abominevole diritto. Gay e lesbiche, giudici e legislatori’ di Winkler e Strazio (Milano: il Saggiatore, 2011). Con massima attenzione a definire sempre termini e concetti, si passa dallo smontaggio degli stereotipi piú diffusi alla costruzione di un’impalcatura per la società che veramente non preveda piú discriminazioni basate sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale: dal “peccato muto” e dall’“amore che non osa dire il suo nome” di wildeiana memoria si giunge ai diritti pieni per tutti, per una civiltà dell’uguaglianza, in cui le differenze non si annientano ma vengono valorizzate. L’atteggiamento pragmatico che parte dai casi concreti, dai fatti accaduti, dalle sentenze emesse contempla anche le visioni piú ampie, quelle che consentono di dare un significato alle rivendicazioni LGBT. Il volume è anche un ottimo antidoto a tutte quelle pericolose sciocchezze che ogni tanto vengono dette persino da autorità politiche e religiose. Per esempio, non si può dimenticare che il matrimonio secondo la Costituzione non è riservato esclusivamente alle coppie etero («La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», art. 29): recentemente, la Corte Suprema di Cassazione ha rammentato che è «stata radicalmente superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per cosí dire “naturalistico”, della stessa “esistenza” del matrimonio» (sent. n. 4184/12): ma si può aggiungere chiaramente che se vi fosse prevista un’antiquata discriminazione basata sulla differenza sessuale, di certo sarebbe giunto il momento di eliminarla anche dalla Costituzione stessa, che, invece, non pone ostacoli all’allargamento del matrimonio alle coppie dello stesso sesso, a cui deve essere comunque riconosciuto il diritto alla vita familiare. In occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012, Vitaliano Esposito, eletto dai piú ‘moderati’ a Procuratore Generale della Cassazione nel 2008, ha ribadito che «il diritto al tempo della crisi non può trasformarsi in una crisi di progettualità del diritto. E tale progettualità non può lasciare incompiuta l’azione volta a far emergere ed a proteggere, con sempre maggiore intensità ed efficacia, soprattutto quelli che vengono definiti “diritti sottili” o “diritti degli ultimi”: penso, in particolare, ai diritti dei disabili, degli omosessuali, dei bambini, dei migranti, dei detenuti, delle persone vulnerabili». Purtroppo, rispetto a ciò, di accentuata sordità e testarda ignoranza appaiono alcuni politici (anche parlamentari) di schieramenti di vario colore: è sbalorditiva la sua trasversalità, eminentemente di tipo apolitico.

Come l’omosessualità, anche l’omofobia è sempre esistita, ma ciò non esclude la possibilità e la necessità di un cambiamento di visione: la discriminazione non può autoalimentarsi sulle basi del tradizionalismo. È sempre piú evidente che non è semplice (e legittimo – si potrebbe aggiungere) definire categoricamente ogni tipo di identità di genere e di orientamento sessuale, ma almeno è possibile con piú certezza dire cosa l’omosessualità non è: non è una scelta e non è una malattia mentale (come tale non è piú considerata nemmeno dall’American Psychiatric Association dal 1973 e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 1985). Se nell’identità di genere e nell’orientamento sessuale si mescolano elementi naturali e culturali in modo indissolubile, nell’omofobia vi sono solo connotazioni discriminatorie di tipo culturale, tali da portare anche a atti di violenza estrema, come nel caso di Matthew W. Shepard, picchiato, torturato e ucciso perché gay: quando fu ritrovato il suo corpo, «le sole parti del viso non coperte dal sangue erano solcate dalle lacrime». E porta proprio il nome di Matthew W. Shepard la legge che negli USA è stata promulgata nel 2009 contro le violenze per motivi di religione, razza, colore della pelle, origine nazionale, identità di genere, orientamento sessuale e disabilità. In Italia, invece, l’accecamento e l’incapacità dei politici ha fatto sí che per ben due volte le proposte di legge anti-omofobia/transfobia fossero affossate tramite pretestuose “pregiudiziali di costituzionalità”: quando, invece, sarebbe cosí ovvia e semplice l’estensione della legge Mancino, che si pone già in linea con i provvedimenti degli Stati piú all’avanguardia nella lotta all’odio e alla violenza mirati per categorie di persone. Di recente, un esponente politico di rilievo nazionale ha potuto impunemente persino paragonare un bacio per strada tra persone dello stesso sesso a una pubblica minzione, quindi mettendo, con non troppo sottile retorica, l’omosessualità sullo stesso piano di un reato previsto dal codice penale (cfr art. 726, relativo agli atti contrari alla pubblica decenza), mentre presso l’ONU gli (altri) Stati civili chiedono la depenalizzazione dell’omosessualità in tutto il mondo. Anche sul tema delle coppie dello stesso sesso si procede con lenti che palesano l’omofobia/transfobia interiorizzata e istituzionale dei politici: se tutti devono godere degli stessi diritti, non è (piú) immaginabile che, per una brutale logica di non-contaminazione e segregazione, le persone LGBT non possano accedere al matrimonio ma solo alle unioni civili, che prevedano o tutti o parte dei diritti previsti dall’istituto matrimoniale. Anche da questo punto di vista i Paesi piú avanzati ci guardano oggi con uno sguardo misto di compassione e riprovazione.

È Stefano Rodotà, nell’introduzione all’‘Abominevole diritto’, a sottolineare la possibilità di un nuovo quadro normativo, tale da delineare una società diversa, in cui i diritti fondamentali sono validi davvero per tutti e non solo per alcuni: non esita, cosí, a lanciare una sfida politica a breve termine affermando che «il diritto può riscattarsi dal suo abominio se riprende almeno la sua forza simbolica, la sua funzione di legittimazione di princípi e comportamenti civili. In questa direzione, e per uscire dalla regressione nella quale siamo precipitati, nulla sarebbe piú forte del riconoscimento pieno dei diritti degli omosessuali». Come ha ricordato nel dicembre 2011 al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU il Segretario di Stato USA Hillary Clinton, i diritti LGBT sono diritti umani e i diritti umani sono diritti LGBT.

 
"Riforma della scuola" n°15

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